"Fuoco che danza": faccia a faccia con il protagonista Shawnee Lee

L'autrice di oggi, Anna Maria Funari, è stata già mia ospite tempo fa con una simpatica intervista al personaggio principale del suo romanzo "L'isola dei graziati", che potete leggere qui.

Scrittrice vivace e dalle mille iniziative (è tra l'altro tra i fondatori di Nuovi Autori nel Cuore di Roma), Anna Maria ha da pochissimo pubblicato il romanzo “Fuoco Che Danza”, che ci porta a scoprire il mondo dei Nativi Americani attraverso gli occhi di un suo discendente, Shawnee Lee Jackson.


E proprio a lui mi sono rivolta per qualche domanda...

Shawnee, comincio con il chiederti qualcosa sulle tue origini Sioux, cosa rappresenta per te questa “eredità” e come la vivi?
Hihanni waste! (sorride, chinando appena la testa verso l’intervistatrice) Equivale al tuo “buongiorno” ma per noi significa “oggi è accaduto qualcosa di buono”.
Come vedi, le mie origini non le ho mai rinnegate anzi, quando ho potuto, ho sempre cercato di affermarle e di trarre da loro la forza necessaria per andare avanti senza dimenticare chi sono.
Certamente è un’eredità difficile quella di appartenere a un Popolo (si, si, con la P maiuscola) che storia e film hanno sempre rappresentato come cattivo, aggressivo e sanguinario. Basterebbe invece che la gente si documentasse un pochino per accorgersi che in realtà noi siamo gente pacifica. Comunque, per quel che mi riguarda, vivo le mie origini con convinzione e con fierezza; nulla potrebbe mai allontanarmi da quelle radici che avvinghiano il mio cuore e lo tengono ben saldo alla Terra in cui vivo.


So che le consuetudini sociali ti stanno strette e scendere a compromessi non è il tuo forte... come concili questi aspetti della tua personalità con la professione di avvocato?
Ahahah! (ride di gusto) E’ incredibile come le notizie facciano il giro del mondo. Neppure una freccia è così veloce! Scommetto che è stato Peter Daniels a fare la spia.
Si è vero… quelle che tu chiami “consuetudini” non mi calzano proprio! Non parliamo poi dei compromessi; mi ci sono giocato il posto di lavoro! Lo so, può sembrare da idioti ma quando mi sono sentito chiedere di diventare una specie di macchina da guerra, un robottino per far soldi… non ce l’ho fatta proprio. Ho un cuore, un’anima e non riesco davvero a dimenticarmene in nome di una professione che, detto tra noi, da molti è considerata solo ed esclusivamente come una vera e propria miniera d’oro.
Per assurdo, ma che non si sappia troppo in giro altrimenti un richiamo non me lo toglie nessuno… patrocino cause a volte anche senza farmi pagare perché davanti vedo solo qualcuno che ha bisogno di me. (osserva la giornalista) Se ti serve un avvocato… non fare complimenti eh!


Ne terrò conto! Comunque, ad un certo momento nella tua vita c’è stato un punto di rottura... ce ne parli?
Rottura? Ti riferisci alla splendida dentatura di Peter? (si copre il viso con una mano mentre le spalle sussultano in una risata irrefrenabile) Dio!!! Ancora mi sembra di sentire il crocchio!
Dai… scherzi a parte… è vero, sono stato messo davanti a una scelta dura proprio in funzione di quel che ti dicevo prima. Dovevo scegliere tra una sfavillante carriera, rinunciando a me stesso, o continuare a essere Shawnee Lee Jackson.
Non è stato facile credimi, perché se da una parte ero cosciente che il lavoro era importante, dall’altra c’era la mia anima, c’era il rispetto per me stesso e per i miei che con grandi sacrifici avevano fatto in modo che potessi studiare. E’ stato come tendere fino all’estremo una corda… che puntualmente si è spezzata.


E dopo questo “punto di rottura” inizia per te un percorso di ricerca, come lo hai affrontato?
Non è stato facile (il tono della voce pare diventare un po’ più cupo mentre l’espressione diventa seria). Tuttavia il vantaggio è stato quello di avere abbastanza chiare alcune cose in testa, come ad esempio il fatto di avere bisogno di confrontarmi con le persone, le uniche al mondo, che non tradiscono mai: i miei genitori.
Ho preferito lasciare la città per raggiungere la loro casa; là mio padre ha capito perfettamente la situazione in cui mi trovavo ma, al contrario di quanto farebbero altri padri, non mi ha dato la soluzione ma i mezzi per trovarla.


E come il mondo dei Nativi Americani ti ha aiutato?
Mio padre è un Manitoquat, un uomo-medicina… una sorta di sciamano, per semplificare. E’ stato lui, come ti dicevo, a darmi gli strumenti affinché io potessi trovare le risposte che cercavo. Sai, (offre una sigaretta all’intervistatrice e poi se ne accende una, visibilmente più rilassato) per noi sono ancora importanti le nostre tradizioni, le nostre usanze. Tornare a loro è stato illuminante. Non che io le avessi abbandonate ma è la vita in sé, gli impegni quotidiani che in un certo modo le hanno relegate da qualche parte nella mia anima, ma non sono mai, mai state dimenticate.

Dunque, c’è una persona che più di tutte influenza quello che sei e la tua vita, tuo padre. Che rapporto hai con lui?
Attenta (ammonisce amabilmente con un sorriso)… non ha influenzato né le mie scelte, né la mia vita. E’ stato piuttosto sempre molto presente, pur tuttavia senza essere invadente. Mi ha trasmesso fin da bambino i valori del nostro Popolo… si, si, continua a scriverlo con la “p” maiuscola… mi ha portato con sé lungo i sentieri di caccia insegnandomi ad avere rispetto per il mondo che ci circonda, ripetendomi ogni volta che non ne siamo i padroni ma lo abbiamo solo in prestito ed è nostro dovere tutelarlo e proteggerlo. (sorride) E’ riuscito perfino a spiegarmi che perfino il fuoco può essere vissuto in modo diverso… e che ognuno di noi lo porta dentro.

Ultima domanda: la tua creatrice, è notorio, è letteralmente affascinata dal mondo dei Nativi Americani e so che un suo viaggio ha segnato una tappa importante per lei in questo senso... Cosa puoi dirci?
Mmmm… si. Ho saputo di questa cosa e sono contento per lei. Mi hanno raccontato che è stata negli Stati Uniti nel 1996 e che una prozia le ha fatto una bella sorpresa portandola sempre di più a contatto con noi. In fondo conosceva già un po’ la nostra storia attraverso quelli che lei stessa definisce la “bibbia” e il “vangelo” della storia dei Nativi. Ogni tanto consiglia a qualcuno la lettura di “Seppellite il mio cuore a Wounded Knee” e “Alce Nero parla”… testi abbastanza duri, ma pieni di verità.
Che poi a seguito di questo viaggio sia nato io mi può fare solo piacere. Detto tra noi, quel viaggio le ha rimesso un po’ la testa a posto sull’ordine da dare alle cose della vita… speriamo che continui così, perché sa bene che è il solo modo per continuare ad avere rispetto per se stessa e quindi per gli altri. E poi, egoisticamente… vorrei veder finita la trilogia a cui sta lavorando, visto pure che a questo fine ha un po’ rimaneggiato “Fuoco Che Danza”. (guarda l’orologio e fa una smorfia di disappunto) Mi spiace… devo lasciarti… il dovere mi chiama. (con eleganza e delicatezza prende la mano dell’intervistatrice e accenna un baciamano) Grazie per esserti interessata a me. Pilamaya e che Wakan Tanka, il Grande Spirito, ti mostri sempre il sentiero giusto da seguire.


Ringrazio Anna Maria per questa intervista e auguro grande successo alla sua ultima "fatica letteraria"!

FUOCO CHE DANZA
Pi'ta Naku Owaci

di Anna Maria Funari
Montecovello Editrice

Trama
Non sempre le scelte di vita si dimostrano facili. Per Shawnee Lee Jackson, giovane avvocato Sioux, lo sono ancor meno anche a causa del suo carattere poco accondiscendente e cui, in cambio di una sfavillante carriera, si chiede di rinunciare a tutto ciò a cui è più legato e che rappresenta il suo mondo, la sua cultura d’origine e i suoi principi morali.
Davanti a questa prospettiva, Shawnee decide di prendere tempo per poter trovare la risposta seguendo le antiche tradizioni, attraverso la ricerca della “visione” che, per il suo Popolo, rappresenta il destino del guerriero che la invoca.
Sarà con l’aiuto del padre che intraprenderà un difficile cammino, non solo in senso fisico, e cogliendo i segni che gli vengono dall’ambiente che lo circonda, riuscirà a trovare i responsi che cercava e decidere in piena serenità d’animo quale via percorrere.

L'Autore
Nata a Piacenza, il 10 maggio 1961, di origini marchigiane e romana di adozione. Diplomata in Ragioneria, fin dai tempi della scuola i numeri non sono esattamente il suo mondo. Comincia, nel 1985, a scrivere piccoli racconti e a partecipare ai concorsi letterari, cogliendo qualche primo, timido riscontro nel 1997 quando il racconto “Una notte per capire” viene premiato al Concorso Nazionale di Narrativa “Spazio Donna”. Dal 1987 lavora per quello che è l’attuale Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali occupandosi, in tempi recenti, anche di attività culturali. E’ sua e di Alba Gnazi l’idea dell’iniziativa “Nuovi Autori nel Cuore di Roma”, il cui scopo è quello di dare visibilità agli autori esordienti e/o emergenti del panorama letterario italiano. Per un breve periodo ha collaborato con “L’Ortica”, periodico del litorale nord di Roma; poi la sua attenzione si concentra, oltre che sul lavoro, sui suoi scritti. Attualmente collabora con il periodico online “Roma Capitale Magazine”. Un’esperienza fatta nel 1996, durante un viaggio negli Stati Uniti, quando ha la fortuna di vivere da vicino il mondo un po’ magico dei Nativi d’America, le consente di approfondire la conoscenza delle tradizioni e della cultura di questo popolo, acquisita leggendo testi relativi alla loro storia e le biografie di alcuni grandi Capi. Nel 2010 arriva finalmente la pubblicazione de “L’isola dei graziati”, concepito nella sua trama grezza nel 1998, che aveva già trovato il suo primo riscontro solo nel 2003, risultando segnalato al concorso “Jacques Prevert”, ma sarà solo nel 2008 che vedrà la stesura definitiva e la proposta in lettura a varie case editrici, tra cui la Linee Infinite che lo ha pubblicato.
Nel 2012 ha pubblicato "Fuoco che danza - Pi'ta naku owaci" con Montecovello Editrice.

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