Storie che premono per uscire

In questo periodo dell’anno si fanno bilanci e ci si impegna ad elencare buoni propositi, i miei colleghi blogger scrivono articoli sul “the best of...” e cosa faranno nel futuro. Io ho deciso di dedicare il mio primo post dell’anno a qualche considerazione personale, lasciando da parte il passato o proponimenti che poi dimenticherò tra una settimana, anche se in un certo senso anche le mie riflessioni contengono un preciso intento per i mesi che verranno.


Riflettevo negli ultimi tempi sul fatto che quando scriviamo qualcosa, generalmente non lo facciamo mai pensando a chi un giorno ci leggerà, né alle mode letterarie, né al genere più pubblicabile o commerciabile (parola questa che mi dà i brividi...). Una storia affiora dentro di noi, preme per uscire e si fa strada a gomitate fino a nascere sotto forma di racconto o romanzo. Non ci preoccupiamo altro che di scriverla. Anche per me è stato così per “I custodi del destino”: ad un certo punto la storia di Alessandra è affiorata e ha cominciato a prendere vita. A quei tempi non mi interessava granché né di chi l'avrebbe letta né di pubblicarla.

Di solito però non si scrive una storia al solo fine di scriverla, ma perché abbiamo voglia di raccontarla, di farla conoscere a qualcuno. Forse non sempre siamo consapevoli di questo, crediamo che ci basti dare sfogo alle nostre passioni, dare concretezza a un impulso, rispondere a un bisogno interiore, ma c’è sempre di più: sotto sotto c'è sempre un desiderio di condivisione.

E così i nostri personaggi e le loro vicende a un certo punto escono dai ristretti confini della nostra fantasia e cominciano ad affrontare i lettori, magari all’inizio solo i nostri amici, i parenti, poi qualche editore, quando il manoscritto comincia a prendere la via della pubblicazione.
Tuttavia, sia chi ci è vicino, sia chi lavora nel mondo dell’editoria avrà nei confronti dei nostri scritti un giudizio un po’ viziato, un po' parziale, per vari motivi che non sto a elencarvi, sono di certo comprensibili a tutti. Le storie vengono guardate in modo diverso a seconda degli occhi di chi le legge.

Solo quando un libro affronta la prova dei "veri" lettori, degli sconosciuti che non sanno nulla di noi e che leggono solo per il piacere di farlo, solo allora cominciamo a comprendere cosa significa davvero raccontare una storia.

Quando il mio primo romanzo è stato pubblicato e sono cominciati ad arrivarmi commenti e opinioni, ho capito che la reazione dei lettori è una parte fondamentale nella scrittura. Di fatto la storia che ho raccontato tratta un argomento un po’ indigesto per la maggior parte delle persone, talvolta risulta persino scomodo, così che le reazioni dei lettori sono le più svariate. La reincarnazione, la possibilità che questa non sia la nostra unica vita, è un'idea che fa venire il mal di pancia a parecchi.
La mia casa editrice mi aveva avvertito di ciò, tanto da cambiare il titolo originale e da inserire nella quarta di copertina una descrizione che non lasciasse trapelare troppo.
Di fatto, i commenti che mi sono arrivati sono stati molto diversi tra loro, oscillanti tra un entusiastico interesse e un mal celato fastidio. Questa tale diversità di opinioni mi ha fatto riflettere molto, in generale, sui temi che voglio trattare nei miei libri. 

Il punto è che anche il secondo romanzo che ho finito mesi fa tratta di un argomento "politicamente non corretto" e troverebbe probabilmente accoglienze di vario genere. Per non parlare di quello che sto scrivendo attualmente, che sembra strano e surreale persino a me! 
E allora mi sono chiesta: scrivere di argomenti che non suscitino "reazioni" in certe persone non sarebbe più facile, più comodo e persino più commerciabile e pubblicabile? Forse, ma...

... ma la verità è che se una storia affiora e fa pressione per uscire, non si può far altro che scriverla, darle spazio. Qualcuno mi ha detto “perché non scrivi di argomenti più tranquilli”, perché non racconti questo o quello... Ma non è così che funziona.
Si scrive rispondendo a un bisogno interiore. E poi si continua a scrivere per quelli che ti hanno detto che gli hai lasciato qualcosa, che li hai fatti riflettere, che si sono immedesimati nel protagonista e le sue vicende, che li hai trascinati dove non si aspettavano di andare.

Secondo me non si scrive solo per noi stessi, ma anche per gli altri, per tutti quelli che hanno voglia di ascoltarci.

A questa conclusione ero già giunta qualche tempo fa, ma in questi giorni le belle parole di una mia lettrice mi hanno confermato che non c'è altra via che quella di continuare a scrivere ciò che vuole emergere, senza troppi calcoli, senza badare a quanto potrebbe suonare bizzarro e scomodo. 
Non ho voglia di creare storie di vampiri perché va di moda, né di sfumature di colori noiose e senz'anima. Anche se questo ha un prezzo, lo accetterò...

Voi cosa ne pensate? 

Anima di carta

Commenti

  1. Io non ho mai lavorato con il tuo editore, ma ti assicuro che i grossi gruppi editoriali non si tirano certo indietro di fronte ai temi scomodi. Anzi, sono proprio quelli che fanno parlare e innescano le mode...

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  2. credo che per un vero scrittore, che non significa affatto un autore celebre, scrivere sia rispondere a un esigenza che, come dici tu, è un bisogno urgente, impellente- Io non penso mai "adesso scrivo di..."
    ma la storia preme, urla dentro di me e posso solo assecondarla cercando di raccontarla al meglio. Quando non seguo questo mood primordiale, talvolta capita, di solito produco pagine che finiranno nel cestino.

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    1. Vero, forse basterebbe pensare a quello che dici - se non si segue questa specie di istinto le pagine finiscono nel cestino - per capire che non c'è altro modo di scrivere.

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  3. Sai che hai proprio ragione? Ho finito oggi la revisione del romanzo che ho scritto. Il primo pensiero dopo la parola "fine" è stato "chi me l'ha fatto fare? Perché mi sono impegolata in queste tematiche?".
    Questa storia è nata così, la trama si è dipanata con una facilità disarmante, ma raccontarla mi ha portato a impattare con tutta una serie di tematiche scomode e per me poco abituali. Però la storia era lì, come dici te, che premeva e io non avevo altra scelta che raccontarla. E adesso vuole volare altrove e farsi leggere. Se verrà letta creerà polemiche che, di sicuro, mi causeranno più di un mal di pancia. Ma se non verrà letta (cosa probabilissima, dato tutto quello che ci diciamo sul mercato editoriale etc. etc.) sarà sempre lì ad urlare fastidiosa nella mia testa

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    1. Hai descritto proprio quello che spesso provo, e sono felice di vedere che sono sensazioni condivise :)
      Scrivere è un forma di imperativo per alcuni di noi, costi quel che costi...
      In bocca al lupo per l'avventura della tua nuova storia!

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  4. Condivido in toto... E' difficile rimanere fedeli a sé stessi perché è vero che le sirene dei "prodotti commerciali" ci sono eccome, ma ne vale la pena. E i lettori arrivano, basta non mollare ^^
    Auguri di un buon 2013!

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    1. Grazie, Elisabetta. Sì è difficile restare fedele a se stessi, soprattutto è difficile non farsi demotivare a continuare, ma per fortuna ci sono anche segni positivi che ti incoraggiano a proseguire :)
      Tanti auguri anche a te!

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  5. In bocca al lupo per i tuoi progetti.
    E mai, e ripeto mai, arrendersi alle mode.

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    1. Grazie e tanti in bocca al lupo anche per tuoi! Sì, le mode non vale la pena di seguire, mai, in nessun campo... Meglio pensare sempre con la propria testa :)

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  6. Faccio solo un esempio per esprimere il concetto.
    Prendete una pazza visionaria da ricovero psichiatrico come è Isabella Santacroce, la quale nell'ultimo suo libro "Amorino" racconta di una seduta spiritica con sette personaggi, uno dei quali è lei stessa...
    A me non interessa più di tanto l'argomento in sé e non mi sento di certo in sintonia con l'autrice, però la lettura di quel testo mi ha incantata, è riuscita a trasportare la mia mente ad un altro livello "linguistico".

    Questo mi fa capire una cosa importante. Lo strumento di uno scrittore è la Scrittura. La buona scrittura cattura al di là dell'argomento, che può piacere o meno.
    E' la dimestichezza con le parole, il loro uso sapiente, lo stile accattivante e coinvolgente, ecc. che fa di uno scrittore un bravo scrittore.
    Raccontare è fondamentalmente incantare... e lo dice una che ha sempre considerato la letteratura impegnata (quella che trasmette contenuti)la cosa fondamentale.

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    1. Giustissimo quello che dici. La buona scrittura non ha a che vedere con l'argomento, anche se questo per me non è affatto secondario. Incantare è fondamentale, soprattutto quando vuoi quello che dici potrebbe non essere ben accolto ;)

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  7. Io ho vissuto tre fasi: durante la prima ho pensato a scrivere sulla carta ciò che avevo dentro, disinteressandomi dell'eventuale impatto che avrebbe avuto il mio dentro riversato sui lettori. Nella seconda fase ho desiderato tanto che i miei romanzi venissero pubblicati: vedevo quell'evento come il punto di non ritorno verso la gloria. Nella terza ho osservato la lista degli autori pubblicati che hanno totalizzato poche centinaia di copie vendute. Credo che fra poco ricomincerò a scrivere su carta ciò che ho dentro.

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    1. Ognuno attraversa varie fasi nella scrittura, forse perché si fanno esperienze di vario tipo, a volte si cerca solo di mettere su carta ciò che abbiamo dentro, altre abbiamo bisogno di essere ascoltati. Penso che l'importante sia che alla fine si imbocchi la strada che "sentiamo" davvero nostra...

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  8. "Raccontare è fondamentalmente incantare"
    molto molto bello...

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  9. Complimenti, bella riflessione! Una cosa che mi capita spesso è che dopo aver terminato un lavoro, riprendendolo a distanza di tempo questo mi sembra estraneo..il processo creativo è così complesso!

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    1. Grazie! Sì il processo creativo è misterioso e complicato, ma sempre affascinante :)

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  10. Che iella la mia!
    Avevo volutamente leggere il primo post dell'anno, per prender coscienza sui tuoi propositi, e invece... :(
    Comunque prendo atto del post e dico la mia.
    Sì, vuoi continuare a scrivere come finora hai fatto, a dispetto delle effimere mode transitorie, controcorrente...
    Ehm, scusa, non so come dirtelo.
    Ma questo è un proposito! ^_^


    PS_ Bei post la Sandra Faè, una bell'ospite la tua!

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    1. Vero, malgrado tutto è stato un proposito... E per il momento non l'ho tradito, anzi si è sicuramente rinforzato :)

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