"Il cavaliere d'Africa": faccia a faccia con la protagonista

Questa ultima intervista per la serie Faccia a faccia con... i personaggi è dedicata al romanzo "Il cavaliere d'Africa" di Ilaria Goffredo, che è già stata ospite di questo blog con il suo primo libro, "Amore e guerra".
Attraverso la voce della protagonista, Selene, Ilaria ci racconta oggi di questa sua ultima storia, nata dalle sue vere esperienze in Africa.


Selene, perché hai deciso di partire per il Kenya? Cosa spinge una ragazza di 18 anni a compiere un viaggio così impegnativo?
A dire la verità è successo tutto per caso, se così si può dire. La mia scuola superiore partecipa spesso a raccolte fondi per associazioni umanitarie e lo stesso è accaduto con l’associazione “Compagni di Malindi”, un’associazione ONLUS che ha costruito una scuola professionale in Kenya, a Malindi. La presidentessa dell’associazione ha poi dato la possibilità ai migliori studenti della mia scuola di recarsi in Africa per visitare l’istituto. E io sono rientrata tra questi visto il mio rendimento scolastico. Non ho esitato, ho colto al volo l’occasione e sono partita.

Cosa ti aspettavi da quel viaggio? E le tue aspettative si sono rivelate esatte?
Mi aspettavo di fare un bel viaggio, di conoscere nuovi amici ma anche di vedere dal vivo la povertà. Ebbene, tutte queste aspettative sono state stravolte. È stato un viaggio che mi ha cambiato la vita per sempre. Le persone che ho conosciuto mi hanno fatto comprendere il valore dell’esistenza e resteranno nel mio cuore per tutta la vita. L’impatto con la povertà che ho incontrato è stato disarmante, molto più di quanto avessi immaginato, così tremendo e profondo da farmi piangere.

L’incontro con Edward ha segnato molto questa tua esperienza e anche la tua vita... ci parli di lui e del vostro rapporto?
Bella domanda, sai? Parlare di Edward... credo che lui sarebbe molto curioso di sapere come parlo di noi e non perderebbe occasione per prendermi in giro. Innanzitutto - inutile negarlo - ciò che mi ha colpito subito di Edward è stato l’aspetto. Con la pelle d’ebano lucente, due treccine lunghe fino alle spalle, gli occhi grandi e un sorriso che fa sciogliere il cuore. Oltretutto è molto alto, il che mi ha sempre ispirato un senso di protezione. Poi però quando l’ho conosciuto meglio ho capito che non era semplicemente un bel ragazzo. È una persona meravigliosa. Nonostante abbia sofferto molto nella sua vita, si impegna per rendere migliore quella di altri ragazzi africani sfortunati come lui. E io lo ammiro molto per questo. Aiuta anche il parroco di Malindi, Father Joseph, nel recupero di ragazzini di strada e prostitute. Con lui ho stretto un legame particolare, diverso da ogni altro precedentemente instaurato nella mia vita con qualsiasi ragazzo.

Ritieni che sia possibile conciliare dei punti di vista così diversi, derivanti da origini e ambienti così profondamente lontani?
Ognuno si porta dietro la propria cultura, le proprie tradizioni, i punti di vista e i modi di vivere della propria gente e in questo neppure io ed Edward facciamo eccezione e, anzi, non è affatto un male confrontarsi. Sebbene all’inizio mi sia sentita un po’ spaesata di fronte ad alcuni suoi atteggiamenti ho provato a capirlo, ad andargli incontro e lo stesso ha fatto lui con me. Indubbiamente vi saranno sempre delle cose su cui saremo in disaccordo ma i sentimenti che sono alla base del nostro rapporto travalicano con forza ogni pregiudizio e preconcetto.

Immagino che dopo tutto questo guarderai con occhi nuovi i tuoi coetanei... E forse la tua stessa realtà di ragazza italiana?
Certamente, hai colto nel segno. Non vi è più nulla che mi sembri normale nella mia vecchia vita: dalle strade grigie e asfaltate, al cielo offuscato da inquinamento da luce e smog, dalle questioni che i miei compagni ritengono “di vita o di morte” ai capricci assurdi dei bambini viziati. La superficialità, i pregiudizi e il razzismo sono cose che mi fanno male, mi fanno arrabbiare ma anche desiderare di dare il mio contributo per cambiare il mondo, per migliorarlo in qualche modo, per non lasciare abbandonati i bambini che ho incontrato.

Ti va di lasciarci con un’immagine, un ricordo particolarmente vivido delle terre in cui sei stata e che hanno inciso qualcosa di così profondo in te?
Un pomeriggio abbiamo visitato un orfanotrofio a pochi chilometri da Malindi. Era un edificio fatiscente senza intonaco, porte né finestre, composto da poche stanze nelle quali vivevano più di mille bambini. I bambini erano vestiti di stracci sporchi, qualcuno aveva bolle sulle pelle o una sorta di muffa sul capo. Ma erano sorridenti, felici che noi fossimo lì. Cantarono per noi in swahili la canzone “Jambo bwana”. Fu davvero commuovente. Quando uscimmo all’esterno per giocare un po’ con loro, un bambino magro ma con il ventre rigonfio a causa della fame mi guardò negli occhi e mi disse: «Qualcosa da mangiare, ti prego, oggi no mangiato!» Scoppiai in lacrime e non fui capace di rispondergli. Non era giusto che vivesse in quelle condizioni e non era giusto nemmeno piangergli in faccia. Avrei dovuto giocare con lui e regalargli un po’ di gioia ma ero stata travolta dalla realtà in maniera violenta e inaspettata. In quel momento cambiai davvero: capii che dovevo essere grata per ciò che avevo e che ciò che a me era sempre parso normale era un dono; capii che la vita stessa è l’unico bene da salvaguardare e proteggere.

Domanda per l’autrice del romanzo. Ilaria, questo è il tuo secondo romanzo dedicato alle terre africane e soprattutto quest’ultimo riflette alcune tue vere esperienze. Vorrei chiederti, cosa ti sei riproposta di trasmettere ai tuoi lettori con le tue storie?
Questo è il mio secondo romanzo sull’Africa ma non è l’ultimo. Attraverso i miei libri vorrei che la gente aprisse gli occhi su molte cose che appaiono lontane dalla nostra realtà ma che esistono davvero. Vorrei che le persone comprendessero quante responsabilità hanno i nostri governi nella povertà che dilania il Terzo Mondo nel quale noi andiamo solo per prendere. Vorrei inoltre lanciare un messaggio di speranza e dimostrare che non è difficile avvicinarsi ad altri popoli, comprenderli e amarli come fratelli.

Ringrazio molto Ilaria per questa intervista e vi lascio con alcune info sul suo romanzo.

IL CAVALIERE D'AFRICA
di Ilaria Goffredo
0111edizioni

Trama
Selene è una ragazza italiana come tante. Un giorno parte per il Kenya, destinazione Malindi, per lavorare come volontaria in una scuola professionale. Si innamora dell'Africa, ma anche di Edward, un giovane insegnante kenyota bellissimo, passionale e istintivo. Tra loro esplode un amore travolgente, viscerale, ma anche difficile a causa delle grandi differenze culturali. Insieme affronteranno l'Africa travagliata e magica, con i suoi colori e la sua vivacità, alternando la povertà e la morte a momenti di passione impetuosa e a volte quasi violenta, che li unirà in un'anima sola. Il diario di un viaggio nel cuore dell'Africa, il diario di un viaggio in fondo al cuore. Una storia che continuerà con la promessa legata a un anello dalla pietra blu.

L'Autore
Ilaria Goffredo è nata nel 1987. È laureata e ha due figli. Nel 2005 ha lavorato come volontaria in una scuola di Malindi, Kenya. Lì si è innamorata dell’Africa e della sua gente straordinaria. Ha vinto diversi premi letterari per temi, diari di viaggio e racconti e ora si sta dedicando alla scrittura di romanzi. "Amore e guerra" e "Il cavaliere d'Africa" sono i suoi primi romanzi, pubblicati da 0111edizioni. Presto ne pubblicherà altri che hanno come temi centrali l’amore e l’Africa.

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